lunedì 31 maggio 2010

Am I a ... ?



Sciopero.
Di parole e idee.
Non vale a nulla sbraitare anche se fatto sui tasti di un pc.
Rimane tutot uguale.

E mi chiedo cosa stia facendo.
Se non sia ora di decidere per una strada diversa, dato che questa non porta frutto.

Forse ho solo bisogno di andarmene via.
Per un po'.
Basta poco, ma devo capire cosa voglio essere "da grande".
Ora in me c'è solo tanta confusione, delusione perchè non potrò insegnare, come era nei miei progetti. Primo perchè ancora non ho finito, secono perchè con questo modno scolastico, prima che tocchi a me, avrò come minimo il doppio degli anni che ho ora.

Quando vedo come va il mondo, mi viene voglia di tornar bambina, quando il mio unico pensiero era scegliere a cosa avrei giocato quel giorno.

martedì 25 maggio 2010

Non cambierà mai nulla...



..."Quando ho aperto gli occhi stamattina il mio pensiero è stato "Milla oggi ti laurei!". Quattro parole che insieme mi hanno dato una scarica di adrenalina e di felicità purissima."
(Voglio un mondo rosa shokking, R. Canevari-V. Fiume, Newton Compton ed.)

Arrivo a cena, e tra i vari discorsi, parliamo di una mia vicina di casa che deve lasciare il lavoro perchè il suo datore le ha detto che "costa troppo".
E da lì arriva la frase "Perchè non chiedi a quella tua amica di università -che ha 40 anni, lavora e ha iniziato l'università da 3 anni) se ti possono assumere?". Se no "potresti cercarti un lavoro".

Ed io mi sono irrigidita.
non so perchè.
Anzi lo so.
Per il continuo senso di frustrazione che provo. Per essere andata a lavorare nel ristorante, principalmente per volontà loro, per dar loro una mano e mettere a tacere il mio eterno e costante senso di colpa. Perchè mi vedevo come una che succhia soldi andando all'università, non una che sta cercando di costruirsi un futuro con la conoscenza, con buoni voti che ho, e con la grinta del primo anno.
No.
Quel cazzo di lavoro che doveva essere solo il sabato e domenica, è diventato un "Dai, per favore, vieni anche il Venerdì". E poi "senti, giovesì avremmo bisogno di più camerieri per una cena importante". Per poi diventare un sempre, giorni di chiusura esclusi.
E mi sentivo orgogliosa di dargli una mano, di portare a casa bei soldi la domenica sera, anzi il lunedì mattina dato che erano sempre le 2 o le 3.
E cosa mi è rimasto?
Nulla.
Speso per ordine.
Per una cosa o per l'altra. Per un imprevisto o per l'altro. Ciò che portavo a casa finiva costantemente entro la settimana successiva.
Io ero contenta, ho preso la mia scassata y10 di seconda mano pagandone la metà,l'ho mantenuta, ho pagato le mie rate dell'università fino a che ho lavorato... Insomma, ero orgogliosa.

Il lato negativo, era che non avevo energie per studiare.
Se potessi tornare indietro, cercherei qualcos'altro, di meno invasivo. Non perchè io non abbia voglia di lavorare. Anche perchè al ristorante ero il mulo di turno.
Ma perchè riconsidererei le mie priorità, e vorrei che chi mi è vicino, mi dicesse che sto sbagliando, che sto trascurando la mia priorità.
Io ai ragazzi del gruppo giovani che abbiamo qui in paese, e che inizieranno l'università o che sono al primo anno, lo dico. Gli racconto la mia esperienza, il mio rancore nell'essere ancora qui nella Triennale.
Di lavorare sì, perchè è giusto, ma non di perdere di vista l'obiettivo.

Quando mi chiedono quando mi laureo, muoio un po' dentro. Di vergogna. Di frustrazione. Di senso di colpa pee non aver ancora finito.
E non perchè io non ne abbia le capacità. anzi, la mia media è buonissima e credo di esserci portata.
Ma perchè non ho fiducia in me, ho perso un sacco di tempo a rimettermi "insieme", e capire cosa voglio.
Ecco, ora mi è chiaro.
Mi sono sentita sola.
Non ho lasciato entrare nessuno in me, così ho fatto pasticci.

E stasera sentirmi dire se non sia il caso di trovarmi un lvoro per l'estate, mi ha ammazzato.
Non so perchè.
Mi sono sentita sconfitta.
Sfiduciata.
Ho solo una gran voglia di piangere e non posso nemmeno farlo perchè stando qui in sala prima o poi qualcuno passa.

Certo, potrei tornare a fare la cameriera, o la banconiera in un pub, ma sarebbe la stessa storia. Orari fino alle 3 e la mattina rincoglionita.

Credo che dovrei solo andarmene. Finire, e andarmene.
All'estero, lontano da tutto ciò che mi trattiene qui.
Mi spaventa, ma forse è la paura del dover stare sola.

Con ciò non voglio denigrare gli sforzi fatti dai miei, anzi.
Dico solo che forse non sono stati così lungimiranti come io li vedevo.
Non hanno pensato al poi.
Figurarsi che ho sempre lavorato dai 16 anni: prima come banconiera nella latteria qui vicino a casa, poi come cameriera.
E sempre a nero.
Ergo.
Risulta che non ho MAI alzato un dito in vita mia.
Cazzo! Io non ero probabilmente cosciente di ciò, ma i genitori non dovrebbero tutelare i figli?
Mi ritrovo a quasi 25, con partenza da ZE-RO.

Se poi mi confronti con coetanei o persone più giovani di me che hanno già fatto Erasmus, girato il mondo ecc ecc..
Che diamine mi metto a fare?

Quando al primo anno avrei avuto la possibilità di andare in Erasmus, non ho fatto la domanda pechè sapevo che avrei dovuto chiedere soldi ai miei.

Perchè sono così idiota???
Perchè non l'ho pensato come mia crescita e non solo come una mèra uscita di finanze?

Faccio ripetizioni. Eh, ma a 8 euro l'ora perchè li conosco e so che il padre è finito in cassa integrazione e mi sentirei una m***a a chiederne 10, che qui in giro è il minimo.
Faccio la baby-sitter, sempre a 8 euro all'ora perchè i genitori non ce la fanno.

Mi sento uno schifo.
Inutile.
E domani ho un esame.

L'unica cosa che vorrei fare è partire.
Smetterla di sentirmi sempre in difetto, sempre allsa rincorsa di qualcosa che non sono, perchè questi ultimi 10 anni mi hanno segnata.
Mi hanno cambiata.
E non lo voglio ammettere.
Così mi ritrovo sfalsata.
Una me ed una percezione/ricordo di me che non combaciano.
Sono stanca.

Di me.
Di combattere con me e con gli altri per difendermi.
Dal giudizio, dal senso di colpa, dai ricordi.

Ciclicamente tornano.
Simbolo di un dolore che non è passto.

Vedo gli altri realizzarsi -leggi, mio fratello e a altri amici- mentre io rimango qui. Con i piedi sulla stessa piastrella del pavimento, quasi a scusarmi di esserci.
Quasi come se volessi passare inosservata.
Quasi come se volessi arrecare meno disturbo possibile.
Quasi a volermi annullare, per non far parlare di me.

Mi sento frustrata.
Un corpo che non è il mio.
Una vita che non è la mia.
Una mente che ormai è lontana, troppo lontana dalla "me" che ero.

domenica 16 maggio 2010

Discriminazione...



So che forse qualcuno non lo riterrà giusto come termine, ma ogni giorno ne vedo un po'.
Dal colore della pelle, allo stile di vita, persino ai vestiti nei negozi, fino ad arrivare allo sguardo delle commesse.
Perchè, un corpo che quarant'anni fa era ritenuto in salute, bello, rigoglioso, genuino, morbido, con connotazioni positive perchè indicava un buon partito per una futura moglie o madre, ora viene messo al bando?
Chi ha qualche chilo in più (rispetto a chi poi???), vive gni giorno la discriminazione.
Sono d'accordo sul fatto che il troppo stroppia, e che quindi bisogna tenere sotto controllo il proprio IBM (l'indice di massa grassa nel corpo), ma perchè per le persone più in carne si devono creare delle collezioni e dei marchi a parte? E perchè questi abiti dvono costare il 20-30% in più di una marca "normale"???

Sto andando alla ricerca di un abito per 3 matrimoni -il vestito sarà lo stesso, le persone che parteciperanno invece no- e colgo negli sguardi delle commesse quel fastidio nel dover "lavorare" per me.
Nemmeno in un negozio di abiti da sposa e da cerimonia mi sono trovata bene.
La commessa imbattibile è quella del negozio di Fiorella Rubino. Quando mi vede, sa già cosa darmi, e coglie sempre il mio gusto e lo stile che voglio.
Mi fa osare, mi fa sentire bella e NORMALE.

Non mi fa sentire a disagio, aiuta a nascondere ciò che io voglio non si veda e mi fa "mostrare" anche quello che io penso che dovrei nascondere, e che invece noto riscuotere successo. =)

Ecco, le donne dovrebbero potersi sentire bene sempre.
Trovare le proprie taglie sempre, e non sentirsi escluse. Ghettizzate per avere il dono delle fomre.

La settimana scorsa ho accompagnato un'amica a fare delle spese giusto oltre confine, in Austria.
Con mia sorpresa, la mia taglia era di due o tre in meno rispetto a quelle italiane. La commessa mi ha spiegato che lì le taglie sono quelle europee.

E mi sono chiesta, Italia capitale della moda, o di falsi dettami di magrezza?

venerdì 14 maggio 2010

Se questo non è amore...



E poi mi arriva un sms dal mio lui, "Aspettami fuori dalla porta".
Poi lo vedo arrivare con una mega rosa rossa per me.
"Perchè non puoi farmi regali solo tu".
Ed è stata una sorpresa bellissima.
Non so se scaturito dalla serata di ieri.
Ovviamente io in lacrime.
E Lui che mi stringe forte, ridendo quando gli dico che dal messaggio pensavo mi volesse lasciare.
Certo che non ho capito un piffero di come va il mondo.
Ci si affanna, e la risposta è sotto il naso.
Forse sarà meglio ascoltare Jaio (Vedi tra gli amici qui in alto a destra).

Nada te espante, nada te turbe...



Per me è impossibile.
Dopo ieri sera, specialmente, la mia vista è stata attraversata da un flash.
E lì ho realmente capito come le persone mi vedono.
Ed avrei voluto scappare da quella stanza dove stavamo festeggiando un compleanno.
Quel gesto, con le mani davanti ai pettorali, ad indicare il mio seno grosso, mi ha fatto sentire male.
Ok, la person che ha fatto scherzava.
Ma io non son riuscita a prenderlo come uno scherzo. Ci sono rimasta male.
Ha colto nel vivo. E mi ha cambiato la serata.
Sarei andata benissimo a casa, se non fosse che avrei dato adito a chiacchiere e non mi andava di fare scenate.

Per il mio moroso, come forse per chi legge, è una cavolata questa cosa.
Ma per me no.

Poi in questi giorni devo anche tornare a prendere il vestito per i matrimoni.
E anche lì mi viene male. Già la prima volta è stato durissimo starmene lì, davanti allo specchio, a figura intera.
Io che di solito mi guardo o nello specchio del bagno, o a pezzetti...

Non so perchè sono così.
Il mio moroso dice di essere preocupato per quella che secondo lui è la mia ossessione.
Io non so se sono ossessionata o meno, perchè è dalle medie che devo dimagrire e continuo a fare alti e bassi.
Ricordo la pediatra di allora che disse a mia madre di farmi calare quei 2-3 chili.
Io so che da lì è partito tutto.
Prima risultavo tra i bambini "in salute", anxhe perchè sono sempre stata molto alta e prima degli altri, poi, dopo una visita, ero "grassa".

Ora che ne parlo e che ricordo, credo sia nato proprio lì il mio problema.
La costante attenzione a cosa avrei dovuo mangiare, a cosa non mangiavo -perchè avevo i miei alti e bassi-, ai chili persi, ai chili presi, alle parti di me che vorrei poter cancellare con una gomma.

E' brutto vivere così.
E se le persone attorno a me mi dicono che sono bella, carina, che sto bene, ecc... mi fa ancora più incavolare, perchè non capisco come non possano vedere quello che sono.
Quasi mi danno fastidio perchè li sento dei commenti ipocriti.

Ma si può?
Io sono davvero esausta.
E' stata una brutta nottata. Ho un groppo in gola che ancora un po' nemmeno respiro.

24 anni. E sentirsene 16, in quanto a maturità, cose realizzate nella vita, e aspettative per il futuro.

giovedì 6 maggio 2010

6 maggio 1976...



Oggi, per chi vive in Friuli, è una data da ricordare.
Commemorare.
Rispettare.
Patria di gente vera.

martedì 4 maggio 2010

Appartengo alla mia terra...




Sto preparando un esame di Letteratura Inglese, e rileggendo gli appunti ho letto le parole della prof.
Stavamo analizzando i testi "Voss" di Patrick White e "To the Islands" di Randolph Stow. Sono autori australiani, e nel nostro percorso letterario ci siamo focalizzati sulla concezione che gli Aborigeni hanno, molto diversa da quella dei cosìddetti "bianchi".
Per gli Aborigeni, è la terra a possedere loro, a guidarli, a nutrirli e ad insegnargli tutto ciò che serve. Non sono loro a possederla, come noi pensiamo.

Ultimamente, vedi anche la catastrofe americana degli innumerevoli barili di petrolio rovesciati in mare a causa di un errore umano, mi sono soffermata a riflettere su quanto noi "CIVILIZZATI" crediamo, anzi presumiamo, di POSSEDERE quest'amata Terra.

Per via degli studi e di un mio futuro, ultimamente stavo anche riflettendo se non fosse il caso di un trasferimento all'estero post-laurea.
E sapete cos'è la cosa che più mi fa male?
Sì, ok, lasciare i miei familiari mi dispiace, ma la cosa che mi fa più paura è lasciare la mia terra.
Lasciare il mio Friuli, la mia campagna, l'aria che ancora profuma di qualcosa e non puzza solamente di smog.
Mi mancherebbero certi tramonti che vedo, mi mancherebbe l'atmosfera della domenica mattina, quando tutto il paese si rilassa e la gente si reca alla messa.
Mi dispiacerebbe lasciare il benessere che la natura mi regala quando sono qui.

Sono andata a Firenze diverse volte, e pur non avendo un centro ipertrafficato, dato che è quasi tutto pedonale,mi sono sentita soffocare. Mi sentivo sulla pelle e sui capelli uno strato di un qualcosa che mi soffocava. Anche Giulia sa di quanto il mal di testa a Firenze mi abbia fatto soffrire, per mancanza di aria pulita.

Certo, so anche che andando via potrei trovare dei luoghi in cui potermi trovare altrettanto bene.

Allora perchè l'idea di abbandonare il mio Friuli, il mio paese, terra di sofferenze, sacrifici ma anche di carattere, idealie e sorrisi, mi fa così male???