Oggi giornata strana. Il mio cervello è avvolto da una fitta nebbia, quasi come quella che i giorni scorsi avvolgeva il mio paese...
Avete presente quella leggerezza dei pensieri, quel non pensare a nulla, ma allo stesso tempo sentire la propria testa pesante, pesante, pesante? Ecco, così va oggi.
Non so nemmeno perchè scrivo, alla fine non c'è molto da dire se non i miei soliti giri di parole, le mie frasi sconclusionate che hanno un inizio, ma vanno a finire sempre altrove.
Sto allontanando tutti, come sempre. Tutto mi rende intollerante, tutto mi dà fastidio, ogni cosa mi rende insofferente. Madonna, certo che è proprio difficile strami vicino, me ne rendo conto. Tutto questo perchè? Per non rendersi deboli agli occhi degli altri?
Ora basta, se mi chiederanno come va dirò loro "Bene, grazie!" invece del mio solito "Abbastanza". Tanto alla fine quello di avere delucidazioni sul mio stato di salute è solo una formalità comunicativa, per iniziare un discorso e, risolta la formalità, poter parlare di sè stessi.
Alla fine siamo tutti un po' egoisti. Vogliamo sempre essere il centro dei pensieri degli altri: dell'amica, del fidanzato, del marito, del proprio direttore... Siamo esseri umani e l'egoismo, dalla notte di tempi, fa parte di noi, nonostante tutti i nostri sforzi di renderci disponibili agli altri, attenti e premurosi verso il prossimo. Se le nostre fatiche non vengono riconosciute pubblicamente, siamo capaci anche di prendercela con le persone che abbiamo aiutato. Mia nonna mi ha sempre detto che "A fa dal ben no si a mai mâl", ma poi vedo come anche lei si la menti del fatto che le persone che ha aiutato, ora non si facciano mai vive... E mi fa pensare che alla fine tutti facciamo le cose per un tornaconto personale... Sentirsi apprezzati, ricevere complimenti, mettere a tacere la propria coscienza, ognuno ha il suo movente, ma alla fine riguarda sempre e solo il proprio IO.
A volte sento proprio il bisogno di andarmene. Di prendere e partire, lasciare tutto e tutti, non portare con me nulla e ricominciare altrove, dove nessuno mi conosce, dove le cose passate possano rimanere solo dentro me e non nella mente delle persone attorno a me. Rinascere come individuo, ricominciare l'università altrove lasciando che questa esperienza si trasformi in qualcosa d'intelligente, non rimandare le cose ad un domani, vivere gli attimi senza rimuginarci troppo sopra, realizzare quelle emozioni che mi divorano, essere più leale, imparare a crescere piano piano, ma farlo, invece di lottare per rimanere sempre uguali a sè stessi.
Mmm... Utopia, ma sarebbe la cosa da fare, anche se mi rendo conto che i tormenti che avverto mi seguirebbero... Ma almeno non avrei il condizionamento esterno ad intossicarmi, a rendere un'impresa ardua ogni minima cosa che devo fare.
Se uno la mattina non ha nemmeno voglia di uscire dal letto, sente di non avere uno scopo, è una persona finita? Come poter rinascere, per far sì che ogni giorno valga la pena di essere vissuto, invece che farlo passare ed esultare perchè la notte finalmente è arrivata e metterà a tacere tutto non appena ci si coricherà?
Credo che la voglia di non uscire da sotto le coperte, la sensazione di protezione che danno, sia sintomo di qualcosa che non funziona. E' il voler rimanere protetti da qualcosa che ci spaventa, dalla paura di prendersi le proprie responsabilità... Io!?! Proprio io che mi sono sempre ritenuta una persona responsabile, giudiziosa... Mi sa che ho proprio toppato. Mi sa prorpio che non mi conosco e mi sa che devo ricominciare tutto da capo, per l'ennesima volta. Mi sa proprio che la strada per l'uscita da questo labirinto che ho scelto, porta ad un vicolo cieco. Ancora. E ancora. E ancora.
Armandomi di pazienza e coraggio, devo tornare indietro e scegliere un'aòtra via. Questa sembrava quella giusta, ma è evidente che non lo è.
C'est la vie...
2 commenti:
Al si puès vê rimpiants di no vê fat nuje ma di vê fat alc al si é scuâsi simpri fiêrs.Sa tu âs chê di fâ, di lâ, di dâ al bisugne provâ.
...Infat le formalitât dal bondí-cemût-statu i inglês a le an fate curte. Le domande aé: How do you do? E le rispueste aé: How do you do? Tant ch'aé une formalitât lassinle cemût ch'a é.Mandi
chiara, ho un attimo di tempo e ho letto il tuo blog in fretta e furia! non mi faccio mancare questo appuntamente...ma ostiment...dalle coperte non viglio usciro nemmeno io ...e questo mi fa pensare che il nostro non uscire dal letto sia legato sempre alla nostra persona, al nostro aspetto, non riesco a darmi altra risposta altrimenti.
(che italiano corretto, se scrivessi in friulano farei meno errori sicuramente)comunque cerca di farti forza e vai, anche io lo faccio e ieri non avevo proprio voglia di riaccendere il mondo quotidiano insieme alla luce che illumina lka mia camera, ma si deve, ad un certo punto si deve, il lavoro mi chiamava ed io son dovuta andare...ma sai che palle...pensavo fosse la solitudine, la mancanza di un lavoro, non sentirmi realizzata ecc a non farmi alzare di primo mattina con la voglia di fare...ma sto testando che non sono queste le cose, ho un ragazzo e un lavoro, ho delle amiche come te, eppure non voglio, mi manca qualcosa e quel qualcosa lo riconosco solo nel non accettare me stessa, il mio fisico. certo, son più forte, anche tu lo sei rispetto a mesi fa, ma non siamo soddisfatte, non siamo ancora in grado di amarci Chiara.
ora devo salutarti che vado al lavoro, oggi mi aspetta Aviano, come ieri d'altronde.
ti voglio bene, ricordatelo sempre.
Giulia
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