giovedì 29 novembre 2007

Suspîr da l'anime...


Cara Giuly,
ho molte cose da spedirti, già scritte, ma oggi preferisco usare il blog per parlare solo a te.
Non so come sia possibile, ma ogni volta mi sorprendi, ogni volta ti sono grata per il fatto di riuscire a toccare le mie corde, di essere capace di tirare fuori quello che io cerco di nascondere.
A volte, come dici tu, mi sento davvero uno schifo... Vorrei andarmene da tutto e da tutti, come se così facendo risolvessi qualcosa, e come dice Accorsi in Radiofreccia, scappare da un paese con 20mila abitanti vuol dire voler scappare da se stessi...
Cercando aiuto ho scoperto molte cose belle, sto iniziando solo ora a conoscermi, sto ribaltando le mie convinzioni (-da stabilire se fossero le mie o le proiezioni dei pensieri altrui nella mia mente-) ed è dura imparare a vedere sè stessi dopo così tanto tempo.
Il cibo è per me amore e odio. Adoro gustare cose nuove, particolari, mi piace un sacco muovermi tra i fornelli, in quel rito sublime che è la preparazione di un piatto. Tagliare le verdure, preparare tutto davanti a me, in modo da averlo a disposizione al momento opportuno...
All'altro angolo del ring, abbiamo il vincitore in carica. Il cibo come appendice del mio cuore, abile stratega nel duro gioco della sopravvivenza, anestetico per il malessere che porto dentro.
E come te, Giuly, spesso e tutt'ora, mi sono sentita ingrata verso la vita, verso chi soffre di mali peggiori, e perchè io credo di avere vicino una bella famiglia e degli amici.
Purtroppo questo male di vivere, questo senso di inadeguatezza, mi porta a voler allontanare tutti. Sento che nessuno capisce come si possa stare, convivendo con un corpo che non si sente proprio.
Non è superficialità la mia, perchè nella mia scala di valori, ciò che si ha dentro è sempre più importante del fuori. Ma se l'involucro non è in armonia con il cuore della mia anima, vedo come le cose mi risultino impossibili.
Per la mia altezza, struttura fisica e forza, ho sempre assunto ruoli non miei. O meglio, sono stati gli altri ad avermeli assegnati. Smetterla di stare in braccio a mamma e papà "perchè ormai sei grande" (anche se solo in altezza), nei giochi a scuola essere sempre quella che inseguiva e che non veniva mai seguita, quella che doveva badare agli altri della classe -identici per età, ma più piccoli di statura-, sentirsi dire dagli amici di casa "braccia rubate all'agricoltura" facendomi sentire ancora meno adeguata, meno femminile, nonostante io con i miei ci lavori da sempre...
Anche ora, solo al seguire questo mio filo di pensieri, sento come di avere qualcosa dentro che spinge, che smania dalla voglia di uscire, e sento come sempre io lo rispedisca al mittente, giù giù in fondo a me, deglutendolo a fatica.
E' come se stessi negando me stessa. Lo sto facendo, perchè nessuno crederebbe ancora ad una mia uscita del tipo "da domani dieta!".
Non ci credo nemmeno io, perchè mi deludo ogni volta e fa male non essere all'altezza di sè stessi...
Quando gli altri mi dicono "E fai qualcosa se così non ti piaci, no?", non capiscono che per me è peggio che ricevere uno schiaffo, perchè mi mette di fronte al fatto che non riesco a fare qualcosa per me. Sento il fallimento.
Tutte le volte che il miracolo del dimagrimento è sceso su di me, era dovuto ad agenti esterni (un'innamoramento o una malattia) ed ogni volta mi dicevo "bene, ora rimaniamo così"... Hai voglia, come no!
Quanto volte ho aperto le porte della dispensa, del frigo, e di qualsiasi cosa si potesse aprire, alla ricerca di cibo, alla ricerca di quel qualcosa che mi potesse "riempire", sensazione che ormai conosco molto bene.
Quante volte mi sono detta di lasciar perdere, e quante volte, quelle stesse volte, finchè non avevo quella cosa tra le mie mandibole, non riuscivo a pensare ad altro, non riuscivo a concentrarmi su niente. Quante volte prendere le cose dalla dispensa furtivamente, per non farmi scoprire da chi bazzicava per la cucina in quel momento, a mangiare qualcosa fuori pasto dopo abbondanti pranzi o cene che fossero. Come una ladra, come se potessi nuocere a qualcuno se non a me stessa.
Quante volte mi sono odiata per non aver saputo resistere a quello che era un richiamo all'autodistruzione, per non aver saputo mantenere la lucidità e riuscire a passare oltre. Quante volte ho ingurgitato cibo fino a stare male, quasi fino a non riuscire a respirare? Quante lacrime di coccodrillo poi, per avere in corpo tutti quei carboidrati, grassi o proteine che fossero, senza fare nulla per espellerli... A dire la verità qualche volta ci ho provato, ma per fortuna il terrore di poter cadere in un vortice inverso rispetto a quello di adesso, mi ha sempre fermato in tempo.
A volte ho pensino desiderato di poter essere anoressica. Ma mi sto rendendo conto dell'abominevole bestemmia che ho appena scritto? Voler essere malata all'inverso, pur di rientrare nei cànoni di questa cazzo di società che mi fa sentire così inadeguata, così fuori schema e che io dichiaro sempre di non voler seguire.
Eppure, mi provoca malessere. E' come se la mia mente, attraverso le forme del mio corpo, tenesse fede ai propositi della mia mente di non adeguarmi alle mode, al modello scheletrico... Sono d'accordo che stando nel peso forma si stia meglio, sia chiaro. L'ho sperimentato, ma non per questo si deve discriminare chi, per volontà o per natura, si porta dietro qualche chilo in più.
Vai in un negozio e le 38 sono le nuove 40, le 48 le nuove 50...
Per cercare un qualcosa da mettersi addosso senza sembrare una rispettabile donna di mezz'età, devo ricorrere a negozi dove le cose costano 2 volte tanto, per 5 centimetri di stoffa in più.
Il senso di frustrazione che provo nell'andare per negozi con mia madre è unico. "Guarda che carino! Bello! Bello questo modello!"...
Ed io sempre lì a chiedermi "Per me?". Oppure a dirmi che mi ci vorrebbe vicino almeno un altro mezzo paio di jeans per non sembrare un insaccato.
Io so che devo fare qualcosa per me, per stare in forma, e ci lotto ogni santo giorno. a volte ne esco vincitrice, la maggior parte delle volte, sconfitta amaramente, con un notevole distacco per giunta.
Però di questo malessere nessuno ne parla. Ovvio. Siamo tutti felici, stiamo tutti bene, siamo tutti contenti.
Quando mi sveglio la prima cosa che penso è "Non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare, non devo mangiare", e prima di addormantarmi mi dico "Sei una perdente, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato, hai mangiato".
Quanti pianti che andavano al di là della scena vista alla tivù, quante volte quelle lacrime nate da una commozione televisiva, sono diventate disperato tentativo di far uscire qeul dolore che mi porto dentro. qualcosa che và oltre il fatto fisico, che scava nel passato... Come la goccia che cade sulla roccia, costante, e che corrode quella stessa roccia, all'apparenza forte ed indistruttibile.
E' qualcosa di così radicato in me, che non sempre riesco a trovare il bandolo della matassa, non sempre riesco a capire qual sia il punto. Cosa sia, cara Giuly, quella cosa che mi rende infelice.
Io non voglio vivere per essere felice, ma vorrei essere felice di vivere.
Vorrei potermi svegliare serena... Ma non serenità nel senso di mancanza di preoccupazioni, ma serenità d'animo, con me stessa. Riuscire a mettere a tacere quella voce che non mi perdona, riuscire ad affrontare i miei fantasmi, vivere un po' più leggera, lasciarmi trasportare di più dagli eventi, invece di cercare un motivo ed un ragionamento dietro ad ogni cosa. Cercare di essere meno intransigente forse, meno dura con me stessa, amarmi un po' di più, cercare di capire chi voglio essere e fare il possibile per poterlo diventare. Non voglio rinunciare ai miei sogni, per poi diventare un'adulta che ha più rimpianti che soddisfazioni.
Il destino fa il suo corso, ma forse è proprio vero che dobbiamo fargli un cenno, per dirgli che noi ci siamo, che siamo pronti ad affrontare gli eventi, i cambiamenti.
In un sogno ci si può rifugiare finchè resta tale: saremo sempre i migliori in quella cosa, perchè nessuno mai l'avrà provata e potremo così crogiolarci nell'idea di poter essere dei fuoriclasse nella realizzazione di quel progetto "se e quando un giorno lo farò".
A volte vorrei essere diversa... Spesso ho detto ai miei -dopo aver trasportato grandi carichi o aver fatto lavori pesanti- che probabilmente la natura ha voluto che io avessi questa struttura fisica per poter essere d'aiuto alla mia famiglia, ai miei, che vedo invecchiare... ma è il mio solito modo di trovare una scusa...
L'idea che mia madre possa stare male nel non vedermi felice mi fa commuovere tutt'ora. Io vorrei essere felice, davvero. Ma qualcosa me lo impedisce. Ed ho scoperto una cosa che non pensavo nemmeno di poter partorire nella mia mente, e che riguarda proprio lei. Non riesco nemmeno a scriverlo, perchè mentre mi soffio il naso, mi risulta difficile poterlo trasmettere alle dita. E mi odio anche per il fatto di poter fare di questi pensieri. Ma sto prendendo questo pensiero cercando di capire, anche se forse un mese non sarà sufficiente.
Io voglio crescere, voglio imparare a non nascondere la testa sempre sotto la sabbia, come gli struzzi, come tu dicevi cara Giulia...
Voglio imparare a cavarmela, a cercare di essere concludente, ad imparare a perdonare, me stessa in primis, gli altri poi.
Vorrei non amare così tanto mio padre, da scontrarmici ogni volta che iniziamo a parlare. Vorrei non si sentisse sempre attaccato, forse debole nel suo non sapere certe cose, vorrei non si sentisse inferiore per importanza rispetto a mia madre. Vorrei riavere indietro mio padre.Vorrei non si indurisse su certe posizioni, col passare del tempo. Vorrei potergli parlare di tutto, invece di finire sempre entrambi a difendere le nostre azioni...
Vorrei fosse meno schiavo di un legame che riesce a comandarlo a bacchetta "perchè è sempre stato così". Vorrei che mia madre e mio padre fossero una coppia felice, non solo marito e moglie. Sono felice che siano uniti, ovvio, ma vorrei che si parlassero di più, che si andassero incontro più spesso. Vorrei che qualche volta vincessero la pigrizia e facessero qualcosa per loro, vorrei che avessero la forza di prendere delle posizioni e che le mantenessero. Amare a volte significa dare all'altro solo ciò che sappiamo essergli necessario, e non dare tutto ciò che chiede.
Cambiare si può, questo lo so da me...
Non so perchè questo discorso sui miei, ma Giuly sai che i miei pensieri vanno semrpe a mille, e seguirne il filo a volte mi risulta difficile, perchè quasi sempre le mani non hanno la stessa velocità dei pensieri.
Resta il fatto che a volte è proprio dura uscire dal letto, trovare la forza di affrontare una nuova giornata, che per me si traduce in lotta continua con me stessa.
Penso a chi sta peggio, a chi ha accanto una persona molto ammalata, a chi è quella persona malata, che darebbe in cambio qualsiasi cosa per poter essere al mio posto. Ma sappiamo che gli esseri umani sono egoisti, ed io non da meno. Penso a me, a me soltanto, immolandomi sull'altare delle sofferenze come se fossi l'unica...
A volte proprio non capisco perchè sono così dura, tanto da risultare indecifrabile a chimi sta vicino... Giuly, ti capisco e non sai quanto.
Pensavamo che il problema fosse avere qualcuno da amre, una realizzazione professionale, ma sappiamo che non è così. Sappiamo che è qualcosa in noi, sappiamo che siamo noi a non voler sentire, a non dare alle nostre emozioni lo spazio ed il tempo che gli spettano. Siamo noi a voler mandare giù bocconi amari, invece di cercare di capirli. Siamo noi a soffrire per la stupidità degli altri, siamo noi a cercare di passare sopra a quella stessa stupidità e cattiveria che quelli della nostra generazione sanno manifestare quando un qualcosa non è affar loro o non li tocca direttamente.
Non siamo martiri, non vogliamo vestire i panni delle incomprese, ma i panni delle persone di cuore, sensibili, che sanno amare le cose belle della vita, che ringraziano Dio ogni giorno di aver regalato loro il primo respiro, ma che allo stesso tempo vorrebbero godere di quella stessa esistenza, sperando di non chiedere troppo.
Cerchiamo di non fare come la maggior parte delle persone, che fanno man bassa di tutto, razzia di premi e ricompense. Vivono una vita fuori dalle regole, commettono delitti -con atti o con parloe- e rimangono illesi. Noi cerchiamo di stare al mondo in modo coerente con i nostri princìpi, cerchiamo di rimanere genuine, ma nessuno se ne accorge e finiamo per perdere interesse per noi stesse...
Non si può. Valiamo, Giulia, e se qualcuno vuole farci del male cercando di mettere in dubbio la nostra integrità, il nostro animo, basta cambiare strada. Fermiamoci un attimo per lasciar chiudere le ferite, ma poi via! Andiamo, proponiamo, facciamo, ascoltiamo, parliamo, urliamo, ma facciamoci sentire. Non rimaniamo sole con noi stesse. Coltiviamoci... Con amore e dedizione, al natura fa in modo che la costante presenza del giardiniere dia i suoi frutti... A volte qualche tempesta o una gelata ci coglierà di sorpresa, ma dentro c'è ancora una linfa che vive, che aspetta solo il primo raggio di sole, per poter dare a quella pianta vita nuova.
Un abbraccio, e perdona tutte queste idee confuse, ma non vedendoti spesso, avevo bisogno di dirtelo e condividere queste cose con te.

1 commento:

Giulia ha detto...

non sono idee confuse chiara, per te e per me hanno un filo logico netto, non c'è rischio che ci perdiamo nei nostri discrosi, sappiamo dove volgliamo andare a parare e sappiamo cosa vogliamo dirci.
ti voglio bene chiara e ringrazio Dio di avere una persona come te al mio fianco, anche se siamo lontane siamo vicine, molto vicine, nel cuore e nell'anima.
pubblicheremo il nostro libro vedrai e diventeremo grandi, lo siamo già, ma per quella volta lo saremo anche agli occhi di tutte quelle persone che ci hanno dato delle depresse, delle ciccione,delle sfigate o che cazzo altro so...vedrai chiara, la nostra alba deve ancora giungere e quel giorno il sole brillerà più di tutte le stelle insieme.
ti voglio bene
la tua cara amica Giulia.
( i soeri di joditi fra poc timp eh, jodin se la setemane ca ven i rivi a sei un poc libare. une busciade)!