Il tuo istinto più forte è quello di proteggerti, ma non hai la fermezza per rinunciare completamente all'amore: c'è qualcosa dentro di te che si sente ancora attratto dal pericolo. Insomma, Floreana, qual è la cosa peggiore che potrebbe capitarti? Non essere amata.
E' proprio così grave?
[...]
"Sei sfinito, Flavián..."
"Semplicemente stanco". Floreana rammenta che gli uomini non esagerano mai con le parole.
"Il bambino se la caverà, questo è l'importante. Le ferite sono superficiali, i suoi genitori erano spaventati perchè aveva perso molto sangue. Comunque è vero, sono piuttosto stanco e adesso non mi farebbe male un buon riposo. Quasi mi dimenticavo... più tardi siamo invitati a cena a casa del sindaco. Ci rimarrebbe molto male se non ci andassimo".
"Nella stanza accanto c'è un letto e qui c'è un divano che si può sistemare," ribatte Floreana, contenta di essere stata inclusa in quel plurale.
"A proposito di letti," ricorda Flavián, "la direttrice della scuola mi ha detto che sei invitata a dormire a casa sua".
Floreana ha un sussulto e il "No!" che le sfugge sembra sprizzarle fuori dritto dallo stomaco.
"Perchè?" chiede lui stupito.
"Perchè mi dà una sensazione di freddo."
Flavián appoggia la tazza sul tavolo, come se quella frase meritasse un attimo di concentrazione.
"Le case a Chiloé non sono fredde, tanto meno quelle abitate. Qui dentro, piuttosto, fa un freddo da morire, te l'assicuro."
"Scusami, Flavián, non vorrei sembrarti strana, ma non era di questo che parlavo. Mi riferivo a un altro tipo di freddo. Non mi mandare in quella casa!"
Corruga la fronte. E' palese il suo disagio di fronte a una donna che, in fondo, quasi non conosce.
"Io non ti mando da nessuna parte e tu non devi fare niente contro la tua volontà. Siediti qui, vicino a me, Floreana. Dimmi cosa succede."
Lei, docile, ubbidisce e avvicina una sedia. Se fosse una gatta, strofinerebbe volentirei la schiena contro il suo braccio.
"Vediamo se ho capito: non stiamo parlando di corpi, vero?"
"No," risponde, con un filo di voce.
"Vorresti dire, ma non trovi le parole giuste, che è la mia presenza che ti fa sentire protetta?"
"Già."
E qualcosa della parte imapalpabile e recondita di Flavián pare affiorare davanti a questa affemazione. Floreana osserva le sue grandi mani avvicinarsi alla sua nuca e sente la carezza. Poi a voce bassa, come se si stesse rivolgendo a una bambina, lui le chiede:
"Perchè hai paura di rimanere senza protezione?"
"Non lo so, non lo so. Mi succede da quando ero piccola... ma allora non ne ero consapevole e mi bastava correre da mai madre o chiudermi nello studio ed il freddo spariva. Ma da quando ho lasciato la casa dei miei genitori questa sensazione non mi ha più abbandonato. Tranne forse per un breve periodo, quando ero sposata... ma è passato tanto tempo da allora. Poi c'è il lavoro che mi aiuta..."
L'uomo accanto a lei pende dalle sue labbra, concentrato al massimo su ogni sua parola. E' da molto tempo che qualcuno non dava tanta importanza alle sue emozioni.
"Sei una bambina... una dolce creatura," le sussurra amorevolmente Flavián.
Le scompiglia i capelli ma, quando lei sta per abbandonarsi contro la sua spalla, ritrae la mano lasciandole una sensazione di tepore sulla nuca ormai nuda. [...]
L'albergo delle donne tristi, Marcela Serrano,
Universale Economica Feltrinelli, 2001.
Per spiegarmi meglio, e con più caratteri a disposizione.
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