sabato 12 settembre 2009

Da sempre...

Da sempre, il mio problema è stata la bilancia.
Quando dieci anni fa, e quasi 10 kg fa, chi mi allenava mi diceva che sarei dovuta dimagrire 2-3 kg per stare meglio, mi sentivo una grassona. Uno schifo. Poco tempo fa mi è ricapitato di vedere delle foto di quel periodo -io non ne ho perchè non ho mai amato farmi fotografare- e non credevo ai miei occhi: ero tornita, non grassa, senza un minimo di pancia...
Ora darei qualsiasi cosa per essere così.
Stavo in palestra 6 giorni su sette ad allenarmi, perchè la pallavolo era la mia vita.
Poi... quell'episodio.
E "carriera" finita. Dico carriera fra parentesi, perchè ero giovane, ma rimanere con il rimpianto è la cosa più brutta.
Sapere che la persona che ha contribuito a "distruggermi" come persona e come giocatrice era a conoscenza della chiamata della B2, mi fa ancora più male.
Magari sarei tornata a casa dopo 3 mesi, ma sapere di aver perso un treno, in quel modo poi, mi fa sentire di essere stata una sciocca. Una sprovveduta. Una stupida. Una finta matura.

E poi da lì, lo yo-yo con la bilancia.
L'altra sera, ad un compleanno, eravamo rimaste in tre: io, la festeggiata e una ragazza che non vedevo da circa nove anni, che giocava insieme a noi. E parlando dei vecchi tempi, è tornato fuori quel discorso.
Il motivo che mi ha fatto smettere di giocare.
E prendere coscienza di quanto ancora mi faccia male, di quanto condizioni la mia vita, la mia mente, è stata come una mazzata.
Rendermi conto che la controparte è uscita splendidamente da quella situazione, anzi, ha avuto un avanzamento nel settore, mi ha fatto male.
Ho provato un grande senso d'ingiustizia.
Anche ora, mentre scrivo, questo dannato groppo in gola non sale e non scende. Se ne sta lì a serrarmi la gola, a far sì che gli occhi si velino, ma non riesce a scendere nulla.
Non posso. Altrimenti non mi fermo più. Lo so. Ne ho versate già molte in questi dieci anni.
E nonostante tutti ripetano che il passato è passato, per me non lo è.
Per me ogni giorno è un ritornare a quel periodo.

Doloroso.
E da lì la rinuncia al mio fisico. La rinuncia a volergli bene.
La rinuncia a conservarlo, preservarlo, a trattarlo come il tempio della mia anima.
Nemmeno ora che il mio amore mi dice che gli piaccio così e che mi ama come sono, riesco a crederci. Mi disgusto.
Il mio corpo mi disgusta.
Io vorrei solo e semplicemente essere normale.
Avere un fisico normale.
Invece no. Lo detesto.
Ed invece di far qualcosa per migliorarlo, paradossalmente, mando giù ciò che posso. Come a volermi punire, come se mi dicessi "Ecco, tanto, a chi frega?", come quando un bambino combina un pasticcio volontariamente, per avere la tua attenzione.
Non so che sto facendo alla mia vita.
Tutto gira intorno al cibo.
Mi svegli la mattina pensando: "Oggi mi impegnerò, oggi cambierò". Poi, basta un niente; un po' di nervosismo, un po' di ansia, e la prima cosa che trovo metto in bocca.
Senza sentire la necessità di nutrirmi. E la sera mi sento una fallita, per aver ceduto ancora.

L'anno scorso avevo iniziato il metodo alimentare Zona. Il periodo più lungo in cui io mi sia concentrata a fare qualcosa per me. Andavo a corere a giorni alterni, e mi sentivo davvero bene.
Poi non so che è succeso.
Ho semplicemente smesso di farlo.
Come un black-out improvviso.

Ora non so che pensare di me.
Una persona senza volontà? Può darsi.
Mi sento come in gabbia. Non so nemmeno come spiegarlo.
E' come se stessi vivendo una vita non mia.
Come se stessi sopravvivendo, aspettando un momento, un qualcosa.
L'amica che giocava con me, mi ha detto che quando mi arriveranno delle scuse o avrò la possibilità di parlare con questa "persona", la mia vita cambierà, ed il mio cuore sarà in pace.
Non lo so. Non so se arriverà quel momento, ma vorrei fosse presto. Perchè sto davvero buttando i miei 20 anni.

Sto crescendo senza essere ciò che vorrei. Senza avere le energie per costruirmi come persona, per essere l'adulta che vorrei essere.
Mi sto scoprendo senza sogni.
Senza desideri, soprattutto. E a 20 anni è quasi deprimente.
Vivo con un senso di soffocamento all'idea che la mia vita sarà così per sempre. Con quest'eterna ansia che mi soffoca. Con quest'alternanza di umori. Con questa scostanza nel comportamento. Con questo bisogno di andarmene sempre. Di lasciare tutto, tutti e andare a nascondermi, quasi seppellirmi. Come se l'idea di non esistere potesse essere l'unica che metta in ordine la mia vita.

Mi sento un'ingrata. Perchè c'è chi ha problemi peggiori.
Perchè so di avere vicino persone bellissime che mi amano.
Ma io non riesco ad amare. Non riesco a liberarmi.
Non sono libera.
Mi sento come un'aquila, veloce, possente, regina dei cieli, lasciata sì libera, ma con le ali legate da due nastri.
Per questo non può volare. Per questo non fa nulla.
Ed è costretta al non-volo da talmente tanto tempo, che non sa se ha voglia di riappropriarsi delle proprie ali.
Perchè vorrebbe dire volare. E magari cadere. E forse arrivare su quella cima che ora può solo osservare.

La paura mi fa stare ferma.
Immobile.
E nessuno riesce ad aiutarmi a cancellare quello che io vorrei non esistesse in me.
L'amore della persona che sta vicino a me, ha fatto molto.

Ma questo senso di soffocamento non se ne va.
Sento che, tracciando una linea netta per fare i conti, non sono a pari con la mia vita.
E' stata davvera una brutta presa di coscienza.

1 commento:

Anonimo ha detto...

SOlo tu puoi decidere di lasciar andare il tuo passato, solo tu.

Ti abbraccio!