martedì 25 maggio 2010

Non cambierà mai nulla...



..."Quando ho aperto gli occhi stamattina il mio pensiero è stato "Milla oggi ti laurei!". Quattro parole che insieme mi hanno dato una scarica di adrenalina e di felicità purissima."
(Voglio un mondo rosa shokking, R. Canevari-V. Fiume, Newton Compton ed.)

Arrivo a cena, e tra i vari discorsi, parliamo di una mia vicina di casa che deve lasciare il lavoro perchè il suo datore le ha detto che "costa troppo".
E da lì arriva la frase "Perchè non chiedi a quella tua amica di università -che ha 40 anni, lavora e ha iniziato l'università da 3 anni) se ti possono assumere?". Se no "potresti cercarti un lavoro".

Ed io mi sono irrigidita.
non so perchè.
Anzi lo so.
Per il continuo senso di frustrazione che provo. Per essere andata a lavorare nel ristorante, principalmente per volontà loro, per dar loro una mano e mettere a tacere il mio eterno e costante senso di colpa. Perchè mi vedevo come una che succhia soldi andando all'università, non una che sta cercando di costruirsi un futuro con la conoscenza, con buoni voti che ho, e con la grinta del primo anno.
No.
Quel cazzo di lavoro che doveva essere solo il sabato e domenica, è diventato un "Dai, per favore, vieni anche il Venerdì". E poi "senti, giovesì avremmo bisogno di più camerieri per una cena importante". Per poi diventare un sempre, giorni di chiusura esclusi.
E mi sentivo orgogliosa di dargli una mano, di portare a casa bei soldi la domenica sera, anzi il lunedì mattina dato che erano sempre le 2 o le 3.
E cosa mi è rimasto?
Nulla.
Speso per ordine.
Per una cosa o per l'altra. Per un imprevisto o per l'altro. Ciò che portavo a casa finiva costantemente entro la settimana successiva.
Io ero contenta, ho preso la mia scassata y10 di seconda mano pagandone la metà,l'ho mantenuta, ho pagato le mie rate dell'università fino a che ho lavorato... Insomma, ero orgogliosa.

Il lato negativo, era che non avevo energie per studiare.
Se potessi tornare indietro, cercherei qualcos'altro, di meno invasivo. Non perchè io non abbia voglia di lavorare. Anche perchè al ristorante ero il mulo di turno.
Ma perchè riconsidererei le mie priorità, e vorrei che chi mi è vicino, mi dicesse che sto sbagliando, che sto trascurando la mia priorità.
Io ai ragazzi del gruppo giovani che abbiamo qui in paese, e che inizieranno l'università o che sono al primo anno, lo dico. Gli racconto la mia esperienza, il mio rancore nell'essere ancora qui nella Triennale.
Di lavorare sì, perchè è giusto, ma non di perdere di vista l'obiettivo.

Quando mi chiedono quando mi laureo, muoio un po' dentro. Di vergogna. Di frustrazione. Di senso di colpa pee non aver ancora finito.
E non perchè io non ne abbia le capacità. anzi, la mia media è buonissima e credo di esserci portata.
Ma perchè non ho fiducia in me, ho perso un sacco di tempo a rimettermi "insieme", e capire cosa voglio.
Ecco, ora mi è chiaro.
Mi sono sentita sola.
Non ho lasciato entrare nessuno in me, così ho fatto pasticci.

E stasera sentirmi dire se non sia il caso di trovarmi un lvoro per l'estate, mi ha ammazzato.
Non so perchè.
Mi sono sentita sconfitta.
Sfiduciata.
Ho solo una gran voglia di piangere e non posso nemmeno farlo perchè stando qui in sala prima o poi qualcuno passa.

Certo, potrei tornare a fare la cameriera, o la banconiera in un pub, ma sarebbe la stessa storia. Orari fino alle 3 e la mattina rincoglionita.

Credo che dovrei solo andarmene. Finire, e andarmene.
All'estero, lontano da tutto ciò che mi trattiene qui.
Mi spaventa, ma forse è la paura del dover stare sola.

Con ciò non voglio denigrare gli sforzi fatti dai miei, anzi.
Dico solo che forse non sono stati così lungimiranti come io li vedevo.
Non hanno pensato al poi.
Figurarsi che ho sempre lavorato dai 16 anni: prima come banconiera nella latteria qui vicino a casa, poi come cameriera.
E sempre a nero.
Ergo.
Risulta che non ho MAI alzato un dito in vita mia.
Cazzo! Io non ero probabilmente cosciente di ciò, ma i genitori non dovrebbero tutelare i figli?
Mi ritrovo a quasi 25, con partenza da ZE-RO.

Se poi mi confronti con coetanei o persone più giovani di me che hanno già fatto Erasmus, girato il mondo ecc ecc..
Che diamine mi metto a fare?

Quando al primo anno avrei avuto la possibilità di andare in Erasmus, non ho fatto la domanda pechè sapevo che avrei dovuto chiedere soldi ai miei.

Perchè sono così idiota???
Perchè non l'ho pensato come mia crescita e non solo come una mèra uscita di finanze?

Faccio ripetizioni. Eh, ma a 8 euro l'ora perchè li conosco e so che il padre è finito in cassa integrazione e mi sentirei una m***a a chiederne 10, che qui in giro è il minimo.
Faccio la baby-sitter, sempre a 8 euro all'ora perchè i genitori non ce la fanno.

Mi sento uno schifo.
Inutile.
E domani ho un esame.

L'unica cosa che vorrei fare è partire.
Smetterla di sentirmi sempre in difetto, sempre allsa rincorsa di qualcosa che non sono, perchè questi ultimi 10 anni mi hanno segnata.
Mi hanno cambiata.
E non lo voglio ammettere.
Così mi ritrovo sfalsata.
Una me ed una percezione/ricordo di me che non combaciano.
Sono stanca.

Di me.
Di combattere con me e con gli altri per difendermi.
Dal giudizio, dal senso di colpa, dai ricordi.

Ciclicamente tornano.
Simbolo di un dolore che non è passto.

Vedo gli altri realizzarsi -leggi, mio fratello e a altri amici- mentre io rimango qui. Con i piedi sulla stessa piastrella del pavimento, quasi a scusarmi di esserci.
Quasi come se volessi passare inosservata.
Quasi come se volessi arrecare meno disturbo possibile.
Quasi a volermi annullare, per non far parlare di me.

Mi sento frustrata.
Un corpo che non è il mio.
Una vita che non è la mia.
Una mente che ormai è lontana, troppo lontana dalla "me" che ero.

2 commenti:

Kylie ha detto...

Da tempo non ti sentivo così giù.

Hai dato il tuo contributo per tanto tempo e hai fatto una cosa gradiosa lavorando e studiando insieme,
Io non ce l'avrei fatta al tuo posto.

Non ti abbattere, continua a studiare.

Un abbraccio cara

Anonimo ha detto...

Un corpo che non è il mio:
il corpo effettivamente è il tuo, è questo che hai in dotazione.

Una vita che non è la mia:
la vita è la tua, bella o brutta che sia questa dobbia tenerci e solo noi la possiamo cambiare.

Una mente che ormai è lontana, troppo lontana dalla "me" che ero:
che eri, hai detto bene, eri. La vita ci cambia e non possiamo rimanere ancorati al passato perchè altrimenti non andiamo mai avanti.

Chiara, non è scappando che si risolvono i problemi.

Buona giornata